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Lettera a GIOVANNI BATTISTA RENIERI settembre 1647    (1), (2)
 

EVANGELISTA TORRICELLI a GIOVANNI BATTISTA RENIERI, [in Genova].
[Firenze, primi di settembre 1647]


Molto Ill.e Sig.re Oss. mo

Sabbato passato io non risposi alla lettera di V. S. perchè stavo tutto intrigato nello sgombrare. E' partito di questo Palazzo ( et anco di questo stato ) il Duca di Vandomo, quale ci faceva abitare con angustia e scomodità. Ora per grazia di Dio abbiamo avuto gli appartamenti onorevoli. Non risposi anco perchè aspettavo per questa settimana l'altra lettera che mi parve V. S. accennasse volere scrivere.
Io replico in sustanza le medesime cose della passata, cioè che noi facciamo due supposizioni principali; una è che gli spazi delle cadute de' gravi in tempi eguali siano ut numeri impares ab unitate, et però il moto orizzontale inequabile. L'altra è che il proietto passi orizzontalmente in tempi eguali spazi eguali. Un'altra supposizione ancora si fa, et è che il proietto vada discendendo su linee parallele tra di loro; e questo non è vero, perchè sono perpendicolari che vanno ad unirsi nel centro della Terra. La prima delle predette supposizioni può provarsi direttamente, come ha procurato di fare il Galileo, e poi indirettamente, perchè non può essere secondo altri numeri, conforme io scrissi a V. S. nella passata. La seconda ancora ha qualche prova, come si discorre dal Galileo e come par probabile, e sarebbe verissima astraendo dall' impedimento dell'aria. E' ben vero che questo impedimento è grande, massime trattandosi di proietti cacciati per via di fuoco; e però farà che 1' esperienze saranno molto diverse dalla specolazione. La terza supposizione anch'essa suppone quelle linee parallele tra di loro e pure concorrono; ma quanto a questa, è tanto insensibile la differenza che può passarvi per verissima. Ora ammettendosi queste tre supposizioni, è necessario ammettere che il proietto vada per una parabola e che tutte le altre cose del Galileo e mie siano vere, siccome solo verissime e certissime in astratto et ex hypothesi. Volendo poi fare 1'esperienze e volendo che tornino bene, bisognerà fare i debiti defalchi di tutto quello che l'impedimento dell'aria può pregiudicare al moto orizzontale, questo è quello che importa assai. La varietà derivante dalle altre due supposizioni si può sicuramente sprezzare come pochissima. Ma tutte queste cose sono state discorse molto meglio dal Galileo al quale mi rimetto. Io poi, per fuggire le controversie, apposta più volte iteratamente e chiaramente mi son protestato ne' miei Libri del moto di scrivere piuttosto ai Filosofi che ai Bombardieri.
Rispondo ora alla sperienza. Ne' tiri avvisatimi da V. S. io trovo tanta instabilità, anzi tanto assurdo, che non so come possa mai stare. Però non credo che l'esperienze fatte e scrittemi ultimamente da V. S. possano decidere niente in questa materia. Mostrerò 1'assurdo in questa maniera.
 
Sia A la bocca del pezzo; AL sia 1' asse del pezzo, ovvero la linea orizzontale; C il punto dove cascò la palla. GD sia il più vicino bersaglio, HE il mezzano, LF il più remoto, e siano i punti dove passò la palla questi cinque: A, I, O, M, C.  V. S. Mi scrive  che 1a distanza BD fu presa di 100 palmi, BE di 300, BF di 500, BG fu trovata 700 palmi. Di più che la discesa GI fu due palmi scarsi, HO palmi due e mezzo et LM poco più di palmi 2 e 1/2. Stanti queste esperienze, immaginiamoci una linea retta tirata dal punto A per il punto I che vada a ferire nel1'orizzontale BC nel punto P. E sarà come IG alla GA così AB alla BP. Ma perché V. S. dice che GI fu due palmi scarsi, pongasi che fusse palmi 1 3/4 ( so che V. S. dirà che fu più di questo numero che pongo io, e tanto maggiore seguirà l'assurdo ), fatta 1' operazione per la regola del tre, si troverà BP essere palmi 200; ma BE era 300, adunque, prolungandosi AP, il punto O resta sopra 1a linea retta AP e però quel proietto, il quale é passato per gli punti A, I, O, ter conveniet cum recta linea AP producta quantum oportet. La prima volta conviene con essa in A, la seconda in I, la terza poi per forza conviene con la AP prolungata dalla parte P quanto bisogna; ma è impossibile che un proietto convenga o seghi più di due volte una linea retta. Se poi V. S. dirà che la GI nominata due palmi scarsi fu maggiore del mio supposto cioè di palmi 1 3/4 , tanto maggiore sarà l'assurdo, perchè il punto O tanto più sarà elevato sopra la retta AP, come ella vedrà facendo il calcolo. In altro modo si può trovare l'assurdo. Tirisi dal punto A per il punto O la retta AOR, sarà come OH ad HA così AB alla BR e, fatto il calcolo, per la regola del tre si troverà BR esser di palmi 420; ma la BF era di palmi 500, adunque il punto M resta sopra la retta AR prolungata; e la retta GV si troverà 1 1/6 e però il punto I sarà senza dubbio sotto all' V. Dunque il viaggio della palla A, I, O, M, C sega la linea retta AR prolungata in tre luoghi, cioè in A e poi in O e finalmente se la palla vorrà andare al centro segherà di nuovo la linea retta AR prolungata. Il che è impossibile, poichè la linea curva che descrivono i proietti, qualunque ella sia, ha il concavo totum ad easdem partes et non sega una linea retta più che due volte. Se cotesti Signori averanno fatto nuova osservazione, aspetterò da V. S. con ansietà il solito favore dell'avviso. Forse anco potrebbe l'esperienza riuscire alquanto più aggiustata. Non so come abbiano fatto a misurare la scesa della palla. Se per sorte avessero supposto che il terreno sia orizzontale, e poi misurato dalla terra fino al buco fatto dalla palla nel telaro, ciò sarebbe fallacissimo.
 
 
note:
(1)  Istituto e Museo di Storia della Scienza, Firenze, Italia
(2) In OPERE DEI DISCEPOLI DI GALILEO, Carteggio 1642-1648, a cura di P. Galluzzi e M. Torrini,
Firenze Giunti-Barbera 1975, Vol. I, pp. 405-407