MICHELANGELO
RICCI [a EVANGELISTA TORRICEILI in FIRENZE]
Roma, 18 giugno I644
Molt' Ill.re, e m.to Ecc.te
Sig.re, e
P.rone Oss.mo
Fu opinione degli Epicurei che non solo il vacuo naturalmente si
potesse dare, ma che in effetti si ritrovassero nel mondo molti spazi
vuoti, come V. S. si ricorderà d'aver letto presso Lucrezio.
A
questi si opposero alcuni Teologi, li quali gelosi troppo
indiscretamente dell'unione e conservazione dell'universo, alla quale
stimano che sia indirizzata l'obbedienza delle creature prontissima
nell'ascendere o discendere, conforme richiede la ragion del contatto,
con dire che neppure l'Onnipotenza Divina poteva operare in modo che si
desse questo spazio vuoto che dicono gli Epicurei ma scuso in parte
questi buoni Teologi, che forse per non acquistarsi cattivo nome
appresso il mondo d'essere Epicurei, tanto più concorrendovi
in
loro qualche altro indizio preso dalle loro azioni, si son voluti a
più potere dilungare dei loro sentimenti, siccome pretendono
d'essere creduti lontani nell'operare dallo stile di quello, qui
Bacchanalia vivunt Epicuri de grege porcis. Ciò
sia detto
con riverenza di V. S., la quale non vo' tediare con altro, che le
potrei soggiugnere appresso in questa materia, poiché stimo
che
sarà pur troppo nauseata dalla temeraria opinione de'
suddetti
Teologi, et dal costume suo costante di meschiar subito le cose di Dio
ne' ragionamenti naturali, dove che quelle dovrebbono con maggior
rispetto e riverenza esser trattate. Il modo con che V. S. salva le
esperienze fatte in riprova del vacuo, cioè del salire le
cose
gravi contro sua naturale inclinazione, io lo giudico tanto
più
buono dell'altro, quantoché con questo ci conformiamo alla
semplicità della natura nelle opere sue; la quale potendo
salvare l'unione de' corpi col solo moto all'ingiù, invano
averebbe innesto loro una nuova naturale inclinazione d'obbedire alla
causa universale moderatrice del mondo, come essi dicono. Et ammiro il
nobile ardimento di V. S. nell'avere in considerazione cosa non tocca
da veruno finora, la quale ha parimenti tanto di probabilità
che, toltone due o tre obiezioni, che sono per dire a V. S., le quali
prego V. S. a volermele risolvere, siccome so, che ella
potrà
fare agevolmente, stimo essere il più vero ed il
più
ragionevole, che possa dirsi in simile questione. Primieramente pare a
me che si potesse escludere l'azione dell'aria nel gravitare sulla
superficie estrinseca dell'argento che sta nel vaso, ponendovi un
coperchio con un pertugio solo, per il quale passi la canna di vetro, e
poi turando onninamente ogni parte, acciocché non v'abbia
più comunicazione l'aria superiore al vaso, la quale
verrebbe in
tal caso a gravitare non più sulla superficie dell'argento,
ma
sul coperchio, et mantenendosi allora l'argento vivo sospeso in aria
come prima, non si potrebbe più attribuire l'effetto al peso
dell'aria, che ve lo sostenga quasi in equilibrio. Secondariamente,
preso uno schizzatoio, che vuole essere usato assai in questo soggetto
et abbia la sua animella dentro onninamente, acciò escluda
con
la sua corpolenza ogni altro corpo, poi turando in cima il foro, et
ritirando per forza l'animella indietro, sentiamo grandissima
resistenza, et ciò non segue solamente tenendo in
giù lo
schizzatoio, et voltando in su l'animella, sopra il cui manico grava
l'aria, ma segue per ogni verso che si faccia; et pure non pare che si
possa in questi casi facilmente intendere come il peso dell'aria
c'abbia che fare. Finalmente un corpo immerso nell'acqua non contrasta
con tutta l'acqua, che vi stia sopra, ma con quella sola che al moto
del corpo immerso si muove, la quale non è maggior di esso
corpo
et perché stimerei che la stessa dottrina fosse da
applicarsi
alla librazione dell'argento, dovrebbe esso contrastare con tanto
d'aria quanto è la sua mole; et come potrebbe l'aria
preponderar
mai? Questo è quello che mi ha somministrato la mia
sciocchezza
in opposizione del senso di V. S., nel che dovrà scusare il
desiderio, che tengo di perfettamente capire la soluzione delle
obiezioni in contrario per esserne poi assoluto difensore, siccome io
son sincero ammiratore, e di questa, e di ogni altra invenzione di Lei
a me tutte gratissime [...]
Roma li I8 giugno I644.
Di V. S. m.to Ill.re e m.to Ecc.te Aff.mo, e Obbl.mo Servit.e
e Discepolo
MICHELANGIOLO RICCI. |