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[GALILEO
a EVANGELISTA TORRICELLI in Roma]. [Arcetri]
27 settembre 1641.
Dispiacemi in estremo la perdita della lettera che mandava a V. S.,
mentre che, non vedendo ella mia risposta, si sarà formato
concetto di me del tutto contrario al vero, cioè che io meno
del
giusto avessi stimato per cosa di poco momento quello che io sopra modo
ammirai ed ammiro, cioè il maraviglioso concetto a V. S.
sovvenuto, per dimostrare con tanta facilità e leggiadria
quello
che Archimede con strade tanto inospite e travagliose
investigò
nelle sue Spirali; strada la quale a me parve sempre tanto astrusa e
recondita, che, dove collo studio per avventura di cento anni non mi
sarei disperato del tutto di trovare l'altre conclusioni del medesimo
autore, di questa sola non mi sarei promessa l'invenzione in mill'anni,
ne in perpetuo. Ora giudichi V. S. quale mi sia riuscito il suo
gentilissimo trovato. Gli accennava in detta mia lettera il gaudio che
ne sentiva, ma d'attribuirgli le meritate lodi non mi pareva che uno o
due fogli ne fosser capaci, però mi riserbava a pagar tale
ufizio e debito con V. S. in voce, stando sulle speranze d'aver pure a
goderla per qualche giorno avanti che la mia vita, ormai vicina al
fine, si terminasse. Dello adempirsi tal mio desiderio me ne dette V.
S. in una sua amorevolissima non lieve speranza, ma ora non sento nell'
ultima sua cenno di confermazione; anzi per quel che intendo nell'altra
sua scritta al Padre Reverendissimo Castelli ed a me mandata aperta,
ritraggo pochissimo o niente di vivo rimanere in tal mia speranza. Non
voglio nè debbo cercare di ritardare sì buoni
incontri ed
avvenimenti che meritatamente doverebbono costì succedere al
valor suo, tanto sopra le comuni scienze elevato; ma bene gli
dirò con sincero affetto, che forse anco qua sarebbe
riconosciuto il merito del suo ingegno peregrino, ed il mio basso
tugurio non gli riuscirebbe per avventura ospizio men comodo di
qualcuno de i molto sontuosi, perchè son sicuro, che
l'affetto
dell'Ospite non lo ritroverebbe in altro luogo più fervente,
che
nel mio petto; e so bene che alla vera virtù piace questo
sopra
ogni altro comodo.
Gli scriveva anco la grande stima che faceva e fo degli altri suoi
trovati, de' quali mi mandò le conclusioni; ma di tutto mi
riserbava, come ho detto, a trattarne seco a bocca, come anco di
conferirli alcune mie reliquie di pensieri mattematici e fisici, per
potere col suo aiuto ripulirgli, sicchè meno imbrattati
potessero lasciarsi vedere coll'altre mie coserelle. Mando questa sotto
una del Sig. Nardi, dal quale ella la ricevarà, insieme
colla
dimostrazione di quello che io supponeva nell'ultimo mio Dialogo, come
principio conceduto: vedanla insieme e l'emendino, comunicandola anco
al terzo mio riverito Padrone, il Sig. Maggiotti. Ed a tutto il
triunvirato con reverente affetto bacio le mani. |
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| Note:
(1) Istituto e
Museo di
Storia della Scienza, Firenze, Italia
(2) in
LE OPERE DI GALILEO GALILEI, Edizione Nazionale a
cura di Antonio Favaro,
Firenze, Barbera
Editore,
Prima Edizione 1890-1907, Vol. XVIII, pp. 358-359.
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